Questo è la parte verso i monti del primo panorama della città che si incontra quando si entra a Genova da ovest, sulla strada sul mare, sopra la foce del torrente Cerusa.
Dalla Piazza del capolinea dell’1.
Bus dell’anima e del pendolarismo di lavoro.
Ed è, quindi, anche l’ultimo panorama che vedi uscendo da Genova, verso est, passando sul mare, sull’Aurelia, la via dei mille nomi.
E’ l’entrata nella città. Qui, lasciando la cosidetta “riviera”, si entra nel primo quartiere, Voltri, che, al di là di questo approccio, è uno dei quartieri più vivibili di Genova. Sposato intensamente con il mare e il litorale, che ha, tra le altre cose, l’unica spiaggia grande e libera della città (anche se la spiaggia stessa, da un paio d’anni, è sotto attacco di una sorta di furore che si è impossessato di vari uomini e cerca, in una escalation di azioni sbagliate e di “toppe peggiori dei buchi”, di renderla inabile).
Questo panorama, della foto, mette subito in chiaro le cose con chi entra in città: quando entri a Genova dimentica i piani stradali, quelli urbanistici, la gestione razionale del paesaggio.
Metti da parte, finchè rimani qui, gli “smart”, i “green”, i “sustainable” e quelle sottigliezze lì.
Quei concetti che qui, molti di quel popolo silenzioso che non appare nei sondaggi, definirebbe “belinate” collocandoli in un preciso ordine di urgenza dei criteri principali da usare, per organizzare una città.
(E qui, teniamo a precisarlo, nel panorama della foto, l’intensità urbana è minore di quella di Pechino, o Los Angeles, dove impilamenti di strade sono, forse, inevitabili.)
Se un bambino facesse, in età elementare, un disegnino con incroci volanti di strade così gli sorrideremmo teneramente pensando quanto la fantasia, in certe fasi della vita, sia liberissima e poco tarata sulla realtà.
Sbaglieremmo.
Certo è che, dalle viuzze cittadine alle superstrade, dalle ferrovie alle autostrade, la situazione locale, visto come ci siamo conciati, è di difficile risoluzione. Possiamo capire la sensazione che deve vivere un incaricato a ripensare la viabilità genovese, tutti, infatti, abbiamo provato una sorta di disperazione e sgomento quando abbiamo tirato fuori dalla tasca gli auricolari del cellulare e ci siamo trovati di fronte a un ingarbugliamento che, a prima vista, sembra irrisolvibile.
Qui, in città, quando parliamo di “ingorghi stradali” non ci riferiamo solo alle macchine in fila, in coda, incastrate nel traffico troppo intenso. Intendiamo, ancora prima, le strade stesse che si sono ingorgate da sole, strutturalmente, ingarbugliate spesso senza senso apparente se non la storia stessa delle diverse pianificazioni stradali.
(Ovviamente, finchè si scherza si scherza. Ma i temi conseguenti legati alla salute, inquinamento, manutenzioni delle strutture son da trattare con altro tipo di postura)