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Papapicastri lenitivi e cementi o(r)diati

Dialogo carpito, telepaticamente, nell’etere, che non si sa a che progetti si riferisca
Che, come diceva Marquez, con uno dei suoi personaggi: «Le idee non sono di nessuno, volano lì in giro, come gli angeli.»

“Ci sono diversi criteri, fondanti, per elaborare e pensare una inserzione di arredamenti urbani funzionali ed estetici in città.”

“Certo”

“Intanto, che il progettista lo voglia o meno, è inevitabile partire dall’identità del luogo. Identità fisica, diremmo. Identità che, oltre che dalla storia, è data dai materiali utilizzati, dalle stratificazioni architettoniche, dalle forme.”

“Come mi piaci quando parli così”

“Il Centro Storico di Genova, ad esempio, è una risultante di secoli di iniziative personali, familistiche, iniziative magari importanti ma che non hanno avuto continuità negli anni, progetti che si sono impossessati di parti della città, o ne hanno costruito di nuove, immaginando una futura continuità, ma che non la hanno mai ottenuta.
Anzi, potremmo dire che la risultante, anche grazie all’impazzimento planetario degli ultimi due secoli, è un insieme di forme, citazioni stilistiche, rammendi personali che definiscono la sua lettura visiva come un magma fatto di singole affermazioni estetiche diverse. Inconciliabili. Ma così tante da essere, alla fine, una continuità: la diversità di ogni pezzo da un altro.”

“Mi taccio, e acconsento”

“La disaffezione della cittadinanza alla bellezza fine ha poi determinato, qua e là, e alla fine su tutto, azioni, spesso, rivolte solo alla funzionalità. In ogni caso se approcciamo a una piazza del Centro Storico, e a eventuali arredi urbani, dobbiamo pensare che devono essere germogli di un mondo fatto di pietre, talvolta marmi, gettate di intonaci e papapicastri lenitivi. Dobbiamo pensare che gli arredi urbani nuovi devono non solo citare il dintorno e il sotto, ma esserne una attuale ridefinizione. E la forma non può che essere organica, sinuosa, arboricola, storica.
Se pensiamo a spazi per alberi possiamo pensare alle grandi città del Sud America, o degli Usa, dove gli alberi sono piantati nei marciapiedi o piazze senza nessuna barriera (come peraltro nella nuova Piazza Girolamo Savonarola in Corso Torino, ridefinizione poco citata ma, per la città, per certi versi, innovativa), come fosse un pezzo di terra liberata che offre un sorso di vuoto e terreno ai cittadini”

“Attendo la proposta, ma lascerei poco spazio alle menate, devono essere cose semplici, veloci da fare, chiunque li deve sapere costruire. Devono incontrare i gusti di tutti come un bicchiere d’acqua di casa senza gusto. Che, in quanto senza gusto non si può giudicare”

“In tal senso, appunto, pensavo a decine di vasconi di cemento, magari circondate ai metallo, uguali, in tutte le Piazze in cui dobbiamo operare. Semplici, veloci, senza nessuna elucubrazione criticabile. Un inno al fare per il fare senza pensare, a orpelli”

“Come dicevo, mi piace quando parli, soprattutto così”

(foto, non sappiamo perchè, di Piazza Sarzano, vasconi in via di realizzazione nell’ambito dei fondi del Piano innovativo per la qualità abitativa -PinQuA)