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“La regola urbanistica”, genovese

By 24 Agosto 2022Dicembre 9th, 2022Articoli, Municipio Ponente, Pegli

A volte succede che facciamo delle foto. E poi, quando capita, o ci confrontiamo tra noi scorrendole, non ci crediamo.

Non dovrebbe succederci, non più.
E invece si.

Anche in questa foto emerge la regola aurea dell’urbanistica genovese per i secoli: “quando costruisci un nuovo elemento di città questi non deve essere in nessuna continuità con gli altri elementi con i quali si va ad affiancare”.
Ed ecco qui

Qui siamo a Multedo.
O forse già nella periferia di quella città che è Sestri Ponente.
Comunque siamo sul confine.
E come stile è più Multedo

Ci si possono dire sù tantissime cose.
Ma ci fermiamo su questa: …e arrivati a un certo punto, anzi, arrivati qui, come si può fare a rimettere tutto a posto?
Quando hai innestato, a forza (come quando l’idraulico pigia un tubo nell’altro per far si che le idee sulle misure confacenti dei tubi diventino realtà e, volenti o nolenti, si innestino) una zona industriale in un quartiere storico, un Porto nazionale su un litorale di paesini di turismo balneare, un aeroporto di fronte al lungomare della Sestri… poi, come fai a rimettere tutto a posto?
O meglio, a mettere tutto a posto.
O come quando innesti autostrade, industrie, poli logistici, fabbriche siderurgiche e quant’altro si voglia ricordare, in borghi, limitare di città, spiagge frequentate, frutteti ….?

Non lo sappiamo.
Forse basta attendere l’amalgama della storia?
Ma no, non è così. Con le città e con questi grossi sconvolgimenti non è così.

Bisognerebbe, la soluzione che ci pare più calibrata, iniziare un corso che abbia come indicazione urbanistica: “rimettere tutto a posto”.
E che questa indicazione diventi una roba che, quando si tratta di cose buone, è a metà tra una leggenda metropolitana ed una realtà: la continuità amministrativa.

E allora fare un piano di ripristino di città che analizzi l’esistente e gli andamenti della storia, individui le ferite maggiori della città, raccolga con discussioni, consultazioni, parcelle, concorsi, idee di futuri urbanistici applicabili e, piano piano, inizi a perseguirli.

Ecco, questo ci piace ipotizzarlo.

Ma quel che vediamo, raramente, ha una visione (o almeno non ce la dicono) complessiva.
Ultimamente vediamo presentare e attuare le proposte di nuovi progetti cittadini con una postura che passa da “eh, si, ci stiamo lavorando” ad una rabbiosa tipo “Hulk spacca e apre cantieri”.
Ovviamente in mezzo, anche, a tanta gente che si da da fare nel miglior modo possibile.

In mancanza della capacità, della forza, della lucidità per fare un piano complessivo sarebbe carino che ogni intervento che si facesse fosse “riparatore” se non “miglioratore”. E qui qualcosa, talvolta, succede.
Ma vista la totalità dei progetti è solo una parte che ci soddisfa, in tal senso.

Facile parlare per chi, come noi, intellettuali da salotto (anzi da tinello che nel salotto i giovani guardano la tv o il maremagnuminternet) si limita, almeno in questa pagina, a parlare.
Ma in questa pagina il ruolo è proprio questo.

In attesa di rivolgimenti urbanistici continuiamo a guardare le foto e a “non crederci”. A “non crederci” divertiti ma, soprattutto, dispiaciuti che ci si sia ridotti così. Che a Genova se scatti tante foto solo una parte di queste, non ampia, inquadrerá il bello.

Eppure, verso fine ‘800 eravamo lì, in lizza per fare a gara con grandiose città del mondo. Lì con dei camminamenti e visioni che anche lì se li vedevi, anche dal vivo, esclamavi “da non crederci”

Ma con la meraviglia dipinta sulla bocca aperta.

E ora siamo così.
E se raccontassimo tutta la storia, nelle minutaglie, di come siamo arrivati qui, così, ovviamente chi ci ascolta direbbe: “Ah! Ho capito”
Ma pensiamo che subito dopo, scuotendo la testa, direbbe: “Da non crederci”