A volte la cosa, giusta da dire (dopo un sobbalzo, un attimo di indecisione su dove porre, nella testa, quello che vediamo, e, alla fine, un sospiro che, al di là di ogni considerazione sui materiali, sulle inserzioni, sulle soluzioni) che ci esce, è:
“Grazie”
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Non giudicando l’effetto finale che, come minimo, è simpatico, giudichiamo l’impegno. L’impegno per un piccolo progetto che, comunque, avrà avuto committenti, decisori, progettisti, esecutori.
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E, allora, in questa selva selvaggia urbanistica ed estetica che è Genova, uno così carino, che si comporta così, ci prende il cuore.
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“Grazie”
O ancora meglio
“Grazie dell’attenzione”
Che è quella che manca qui.
Ed è quella che, a noi, fa bene.
Perché “attenzione”, alla fine, comprende “rispetto”, “cura”, “dedizione”. E queste cose, di naturale conseguenza, generano anche competenza.
E se le premesse fossero così, per tutti i progetti urbanistici su Genova, e per tutte le piccole arzigogolature che si fanno nei palazzi, nelle strade, nei parchi, nei giardini.
Se fossero così, diciamo, per vent’anni, ci ritroveremmo a vivere in un luogo di cui non sappiamo evocare visione nella nostra immaginazione.
Ma anche solo sforzandoci di immaginarlo, realizzato con quelle premesse, ci fa avere un altro sospiro di sollievo.
Come quando non sai chi ti si presenta davanti, dietro un angolo. E poi vedi che è una persona bella, amica.
Sospiri sorridendo e dici “Sei tu!”
Sogniamo nostri incontri sospiranti con la Genova del futuro.
Non vogliamo essere stupiti.
Ma un po’ grati e un po’ sollevati.
Come per questa meravigliosa inserzione, colorata come un geco nel muro, accanto al portone.
“Grazie dell’attenzione”
Nervi, via Oberdan