Ingresso in Piazza Sant’Elena.
Sulla sinistra targa di Piazza Sant’Elena sbeccata in cima
Al centro una teca, informale, quasi una cavernetta da risulta di rimasugli di vecchie civiltà con, dentro, tubo, evidentemente in non uso, con dentro piantina della tradizione, forse, ligure-inglese tipo Villa Hanbury.
Sulla destra un incavetto, della stessa fattura del centrale, con, in mostra, una vecchia presa. Sulla destra possiamo notare una sigaretta “handmade” posata, affettuosamente su un ex cardine
Non diciamo niente.
Anche col massimo amore, genitoriale, non possiamo difendere l’indifendibile.
Chiediamo, invece, una cosa a Voi: diteci “grazie”. Che senza di noi non avreste potuto vedere questa diversità urbana. Che anche la urbandiversità è cosa ammirabile.
Solo una cosa, quando estrarrete questi rimasugli fatelo con una anestesia, culturale, che anche il prodotto più strambo e macero, è un “pezzo ‘e core”. E non importa quanto è brutto, rispetto all’intensità di come ci è entrato negli affetti e di quanto lo capiamo profondamente. Che non c’è più lo spazio per il giudizio.
Fate una anestesia. Che, lo capiamo, quando un dente è marcio bisogna toglierlo. E non farci crescere erbette nell’incavo vuoto, che poi non sarebbe bellissimo da vedere (ahimè, in che immagine siam caduti)
In ogni caso, ad oggi, è ancora lì. Visibile, ma non ai turisti che, come vedete in foto, passano, distratti da altre banalità, tipo l’Acquario, o i Rolli.
Sontuose e meravigliose banalità ma che meno, forse, raccontano dell’identità della Genova antica, e comunque sporca, da sempre, che si sposa con quella della Genova attuale, di una orgogliosa sciatteria che meriterebbe una mostra, al Centro Pompidou, con conferenze di sociologia, ed etnologia, in omaggio alla città del suo progettista.