
Ci conoscete
E allora, se ci conoscete, e avete avuto comprensione dei nostri schemi estetici, capite cosa proviamo di fronte a questo.
Una sorta di deliquio senza perdita di sensi. Un languore struggente. Ma lo tratteniamo. Perché sappiamo che quel che vediamo non è più a “norma”.
E non vogliamo diventare criminogeni normativi.
Subito siam presi da entusiasmo. La pietra, ligure, che diventa consumata come il più caro dei nostri mobili, o centrini. Una cosa che potrebbe diventare anche un valore, riportando, così sfacciatamente, tutto l’uso e la vita che han lasciato salire, o scendere.
Ma è scivoloso, e se lo vede Aster ci mette una transenna.
Anche il consumo diventa una occasione di rifrazione, che racconta.
Non vogliamo dire che ci vediamo il lato popolano de “Le pietre di Venezia”, la struggente visione dell’eterno libro, o una citazione genuense dei ragionamenti de “Libro d’ombra” sul design risultante dallo studio delle rifrazioni della luce delle case giapponesi pre elettricità.
Ma ci vediamo tutta la tradizione possibile, insieme a tutta la scomodità del caso.
E in mezzo a tutta quella trascuratezza, sicuramente incolpevole, perchè, a volte, uno, ha altro di cui occuparsi.
Meno male che non abitiamo lì.
Saremmo i nemici dell’amministratore, e sarebbe una guerra durissima.
Che, come già riportava il buon Jun’ichirō, non sarebbe solo una guerra tra amministratore, e noi, ma un discorso su come implementare la tradizione innestandola dei migliori ritrovati, della tecnologia della conoscenza, del mondo
Si trova in una delle due lunghe valli genovesi, piene di borghi storici come un castagneto di funghi.
Ma se sapete dove è, non ditelo
Che poi, qualcuno, potrebbe decidere di mettere a posto tutto