
Crash tra vocazioni: ricettività o degrado?
(e tre link ad articoli sul futuro della città)
E potremmo finirla qui
Ma non la finiamo, non ce la facciamo
Quindi tutti i deboli di spirito alfabetico, appassionati del lampo subitaneo del media elettrico, appassionati della grammatica dell’infografica si fermino qui.
Che poi ci criticano per la lunghezza, e per noi è una noia, e un piccolo patimento
E poi noi “spaziamo” per vocazione. E, come aggravante, pensiamo che parlare, ragionare, usare le parole, le evocazioni, confrontarci di fronte alla città, pensare, suggerire, sia la coltura (e la cultura) che bisogna ricreare a Genova perché, in un brodo primordiale di parole sensate, rinasca la vita.
E rendersi conto dello stato della città, e delle possibili vocazioni, pensiamo sia un passaggio ineludibile, e che deve essere, almeno in buona parte, pubblico
Per cui parliamo, parliamo, parliamo (e a Voi, che siete più fortunati, scriviamo)
La foto è del sottopasso della Stazione di Cornigliano. Scattata da un valente cittadino genuense, sentimentalmente legato a Cornigliano, che ce la concede. E, ci dice, che, scattata mercoledì scorso, da 15 giorni, ma facciamo 10 così siamo sicuri, questo arredamento d’interno permaneva.
E ci scusiamo per porre la questione su esigenze di notti riparate, di tetti, di minimo sostegno. Di far un titolo che è una facile battuta. E ci scusiamo se un po’ ci scherziamo.
Ma il nostro desiderio è porre, sempre, la questione tra la città fenomenale, delle 600.000 presenze all’Ocean Race e la città che ci si mostra ad ogni svolta di angolo. E, come sapete, pensiamo, che questo accrocchio genovese non sia frutto di una sola giunta, ma neanche di due. Per arrivare a risultati così complessivi e cittadini ci vogliono decenni di giunte.
Che non vogliamo parlare di colpe, ma di storia, recente, e quindi ancora calda, suscettibile, permalosa.
Questa immagine rappresenta una confusione. La rappresenta, non la mostra.
Purtroppo il cielo del futuro della città è sospeso tra nuvole di immaginari di lusso (si, a Genova si punta su immaginari di lusso), visioni di città smart e tecnologiche, vocazioni turistiche ipertrofiche, mentre la città si muove nella decadenza della contrazione del 30% dei residenti, in macchie di città abbandonate all’attesa, alla macilenza, in tentativi di rinnovo urbanistico che sembrano scherzi di “Cuore” (la rivista toscana).
E quindi, ogni tanto, queste nubi di futuri annunciati e tentati si condensano, qua o là, in realtà non scelte, sorprendenti per il contesto in cui nascono, ma che sono il frutto di una città in parte allo sbando, che naviga a vista. Allo sbando forse è troppo. Ci pentiamo. Ma allo sbando nel scegliere la propria visione di futuro, questo si.
E appaiono cose che son frutto di scelte che non ci sembrano precise, inserite in un quadro, calibrate. Come il nuovo quartiere di lusso (che tant’è contiene, su due edifici, almeno due vicoli) sotto il Galliera, come i due grattacieli (e un supermercato) all’ingresso di Voltri (grattacieli e supermercato: approntamenti per città in crescita, non in caduta libera), come l’annuncio di un treno volante in Valbisagno o in cose più improvvisate e piccine come questa camera nel sottopasso della Stazione di Cornigliano.
Che ben fotografa Cornigliano.
Cornigliano, e la sua gente, vittima della più grande devastazione urbanistica industriale, forse, del mediterraneo occidentale europeo. Persone che han resistito a tutto. E che ora vogliono una faticosa ripresa del quartiere che, in effetti, ha visto significativi interventi.
Ma le ferite profondo son ferite profonde. E non basta una medicazione, anche se dal migliore chirurgo. Le cicatrici, e un po’ di sangue, riemergono.
E’ stato difficile immaginare una riqualificazione di Cornigliano perché l’enorme, e galattica, fabbrica, aveva conquistato così tutto (l’aria, il mare, la terra) che il “sotto” del terreno di Cornigliano è pieno di cose di servizio, tubi, cavi, robe.
E oltre alle cose materiali il “sotto” del quartiere della città, e di Cornigliano, è ancora pieno di sofferenza. E questo riaffiorare di una marginalità, approntando una camera da letto così, è la ferita che dice che devi rimedicare. E starci dietro.
E il materasso accroccato così, sul muro, fa tenerezza, e sofferenza, nella cornice di un pavimento che, per chi sa, evoca l’identità precedente l’industria: le Ville che popolavano Cornigliano, tra i frutteti, sul mare.
Una povertà estrema, posata su un posto che era elegante. E l’eleganza, chissà come, è rimasta nell’aria, e nella voglia del quartiere.
E ben venga la rigenerazione del quartiere.
I marciapiedi larghi! Che ora ci puoi camminare!
Qualche Villa ristrutturata!
Nuovi negozi!
Che sembra la festa
Ma la ferita è profonda, e l’ospedale che ti cura (la città di Genova) non è dei migliori, ed è in crisi anche lui.
E allora ti trovi dei giardini lineari, che lasciano sgomenti, lavori di carreggiate a destra e a manca che è difficile raccapezzarsi, prove di viabilità estemporanee che ci scappa anche l’incidente grave.
E, come la foto dimostra, ti trovi anche un desiderio di rigenerazione posata su una macchina comunale, ma anche su di una città, che non ce la fa a gestire l’ordinario, a togliere, dolcemente, e in fretta, un materasso di fortuna. E poi, come i cittadini di Cornigliano sanno, ma non li smuove nessuno, non ce la fa a gestire il verde delle rotonde, e dei nuovi marciapiedi.
E quindi partono i Grandi Lavori, ma poi quelli piccoli, di ogni giorno, come la gestione del verde dimostra, non partono, come si deve.
Che a Genova anche le rigenerazioni nuove sanno di marginalità, e macilento.
Non sarà facile togliersi la puzza di marginalità di dosso. Non basta una doccia.
Ce la siamo attaccata in più di un secolo di demolizione della bellezza e da più di un cinquantennio di crisi industriale.
Ma di materassi, reali e metaforici, in giro per la città che ci stanno settimane è pieno.
Non sarà facile rigenerarsi. Le ricette devono essere serie, e applicate alla lettera, e con perizia e costanza.
E la gestione dell’ordinario, anche se si rivolge a una città costruita per 850.000 persone e che ne ospita 550.000, è uno dei punti dai quali partire
“Cercate sempre il pelo nell’uovo” ci dice qualche amico, ma qui è cercare l’uovo nel covone di peli!
E se uno dei punti della cura è presentare la città come se fosse “l’america”, ed eventi come se fossero la svolta, e scegliere dei progetti urbanistici come se fossero posati su di una città in rilancio lo sforzo rischia di essere inutile.
E molti cittadini non capiscono, soprattutto a ponente, come si possa gioire di come va la città, se siamo con le ossa rotte. E molti giurano che tra i 600.000 presenti all’Ocean Race loro non c’erano. Eppure sembra impossibile, se ci son andati più degli abitanti di Genova.
Per finire, e per rappresentare come sia difficile orientarsi nel futuro di Genova, mettiamo link a tre articoli, usciti recentemente, che provano ad individuare cosa sta succedendo.
E, vedrete, che la cosa non è facile
Si, lo sappiamo, molti son per abbonati, ma cosa possiamo farci?
Magari cercateli in rete, se li hanno, poi messi
I genovesi lo sanno, che facile non è rigenerare la città.
E quelli di Cornigliano pure. Ma loro non mollano, sono una certezza, ne hanno viste, e subite, troppe.
Rimanendo sempre in piedi. E continuando a chiedere una città “come si deve”.
Che va bene anche se è “della mezz’ora” e non “dei 15 minuti”
Ma che ci si possa vivere bene