Da oggi, a Ge, bbiamo un altro edificio puccioso!
Gaudeamos!
Quando si leggeva “vetrinizzazione”, inteso come per le città, “mettersi in scena”, in vetrina, per molti aspetti, commercializzarsi, si rendeva “verbo” e paradigma un atto fisico: mettersi in vetrina, appunto.
Con la Commenda, che ha ceduto il suo maggiore aspetto culturale, identitario, turistico (che era evocare periodi tormentati ed epocali del medioevo) ad una vetrina sul suo porticato, e con il “mercato del pesce”, che viene da un passato italiano drammatico ma architettonicamente compiuto, che mette su le vetrine e le insegne luminosette e forzatamente educate, Genova si tuffa in quella sorta di metafora del “vetrinizzarsi” facendolo sul serio.
Cercheremo di diminuire i nostri passaggi in Piazza Cavour almeno per un po’.
Che poi se proseguiamo verso ponente e ci facciamo anche la Commenda diventa una via del tormento che ci rovina le emozioni.
Tra le altre cose l’edificio è stato venduto, non è più pubblico.
Non è più di tutti noi.
Come direbbe il buon Willer: “Corpo di mille fulmini!”