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Esiste un mondo, in una dimensione parallela, dove finiscono tutti i ritagli dei progetti caduti per terra negli studi di tutti gli Architetti.

Una creatura alterdimensionale li prende e, con fare da sommo saggio, li assembla, uno accanto all’altro, facendosi guidare da colori, righette, gusto casuale. E con questi fa il PUC e il progetto dei territori e delle città del suo mondo.

Un pezzo di quella dimensione, assolutamente casuale, con costruzioni di stili diversi una affianco alle altre, diversi per uso, vecchiezza o nuovezza, abbandono o vita, esce nella nostra dimensione. A Genova. Quel pezzo di dimensione che fa capolino nella nostra si chiama Borzoli

E ne abbiamo già parlato.
Forse è da quell’influsso interdimensionale che prende forma la regola aurea che ha guidato, per secoli, l’urbanistica a Genova: “Quando costruisci un edificio o un quartiere nuovo tieni cura che quello nuovo non abbia nessuna contiguità stilistica, formale, storica, funzionale col precedente”.

Qualcuno dice che è l’undicesimo precetto che rifiutò Pitagora nel decalogo della sua setta.

Noi amiamo Borzoli, perché dimostra quanto sia possibile trovare una vivibilità ovunque. Perché polverizza ogni nostra definizione di città e pianificazione. Perché ognuno che abita Borzoli fa l’unica cosa possibile da fare: si prende cura del pezzettino di mondo dove abita, e lo fa con il massimo che può.

Noi amiamo Borzoli, che è l’esempio della resistenza libertaria urbanistica.
Dove non esiste il vecchio o il nuovo. E che sia una rovina, un rimasuglio, un riadattamento, una cosa recente, un nuovo palazzo pubblico, è tutto reso contemporaneo

Noi amiamo Borzoli, anche perché ci mette in guardia su una delle tendenze in atto a Genova: che la città non sia più una città ma un insieme di palazzi, costruzioni, ditte. Che se a Borzoli sanno vivere in quella stravolgente varietà urbanistica dalle altri parti no. E rischiamo di veder sparire le comunità Sotto la pressione della mancanza di spazi pubblici di discussione, vita, socialità, condivisone collettiva. Ogni pezzo di città, ma che diciamo, ogni edificio, ogni isolato, rischia di diventare l’ultimo orizzonte di quello a cui possiamo badare, e che ci difende.

Ma stiamo variando l’oggetto del discorso.

Noi amiamo Borzoli.
Che è anche un territorio di passaggio, di unione, una sfida, una risultante di tante progettazioni che non volevano costruire comunità (a parte quelle antiche) ma solo “cose che servivano”
Amiamo Borzoli, capace di sorprenderti ad ogni giro di muro, e chi la vive, che rende centinaia di abitazioni il posto migliore che si poteva, con le condizioni date

(L’unica cosa, drammatica, che non ce la può far definire bella è che la salute, anche qui, deve avere più cittadinanza e abitabilità. Ma lo diciamo traparentesi, che non è l’argomento del post)