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Il/la rossa che ci fa impazzire

Che come design, firmato come faceva il divin Coppedè o installato da artigiani, buoni, dell’architettura da quotidianità, come tenuta del complesso estetico (che regge anche agli auto, e moto, veicoli buttati lì), ci siamo

Con quel vezzoso proiettile, con grafica transtemporale, che quando si mette quel vestito rosso così ci fa impazzire

L’unico “neo”, per dirla con un termine grezzo, ma che così potete capire nell’essenza della critica formale, è “quel cazxo di neon”.
O, magari (la foto ce la ritroviamo frutto di altri giri e non capiamo bene), quella nuova tecnologia di illuminazione che, se non la calibri come fattore “K”, effetto colore, alla fine, “effetto neon” risulta sempre.

Ma, come si sa, noi, e chi frequenta questa pagina, alle volte abbiamo delle richieste, in direzione del piacere della bellezza, che sembrano velleitarie.
Come l’incidenza di un buon panorama.
Che se va bene (o male) ti coccola, o urtica, decine, o centinaia di volte al giorno.

Oggi la tecnologia più che questione di prezzi e strumentazioni fisiche, è questione di “tecnologia della conoscenza”. Sapere le cose.
Che se zio Pino e zia Clelia ce l’avevano non avesserebbero vissuto migliaia di sere con la luce bianca sulla fronte.
Che si volevano bene tanto, e sarebbe stato lo stesso con la luce giusta, ma, con lo stesso prezzo, e solo con il saperlo, potevano vedersi dei colori giusti, per 50 anni.

Siamo indecisi, di fronte a queste bellezze e a questi svarioni, se sorridere e goderne quel che c’è di bello, o bofonchiare fastidiosamente. Che, se però poi ci sentono, magari decidono di apportare altre migliorie.

E, addirittura, ci potremmo ritrovare, ma lo diciamo così, come folle esagerazione, con una funivia sul collo, alta, altissima, che vorrebbe essere più figa di questa ragazzina.
Ma non ce la farebbe mai.

Non capiamo come potrebbe

(via Lagaccio, il “proiettile rosso”, in canna, appollaiato sotto, e accanto, “al Miramare”)