
Sul “Cubotto in Piazza Portello” in questi giorni si sono aperte discussioni pubbliche.
Noi attendevamo, che il “Cubo in Piazza Portello” fosse finito, per mostrare la sua miseranda incontestualità, ma, inopinatamente, qualcuno ha provocato una discussione. Subito.
E quel qualcuno è Sgarbi, che quando fa le sue invettive contro il brutto, anzi, ad indicare il brutto, non possiamo che apprezzarle.
E pensavamo che su Genova, vista la densità di incasinamenti immotivabili che la storia ha accumulato, lui fosse rimasto, per la prima volta, senza parole.
O meglio, con così tante parole accatastate improvvisamente dietro la bocca che non ne potesse far uscire.
Ma con il “Cubo in Piazza Portello” si è sbloccato e il Suo intervento è stato provvidenziale.
O meglio, anche qui, più che provvidenziale, che potrebbe essere un giudizio assoluto, “ci ha fatto godere”, sia uomini che donne. Lo so, è un po’ sfacciato dirlo così, ma con Voi, lo sapete, esprimiamo le nostre più intime emozioni, e sentimenti.
E “ci ha fatto godere” perché lui aveva il CV per farlo. E ha detto, più o meno che “il Cubo in Piazza Portello” è immondo.
Che è una affermazione sul tema del filone de “Il Re è nudo”.
E “ci ha fatto godere” perché se lo avessimo detto noi, ma anche chiunque di Voi, anche con un piccolo CV giusto, ci avrebbero detto che “siete quelli del no”, “e allora rimettiamo le carrozze per strada”, “i Cubotti li fanno in tute le città europee, nordeuropee e americane”, “chi siete Voi per parlare, gli enti preposti ci hanno dato l’ok”.
Insomma, ci avrebbero trattati da imbecilli, ignoranti, luddisti urbanistici, apocalittici e poco integrati.
Ma lui “ci ha fatto godere”.
Grazie.
Per il momentaneo sollievo.
E allora ci ha fatto prendere un po’ di coraggio per sottolineare un aspetto che vediamo poco presente nella discussione pubblica in atto.
Anche se lo sapete che ci nausea intervenire in questioni aperte, scottanti, riguardanti l’oggi. Lo facciamo, ma preferiamo farlo nei momenti in cui non c’è il dibattito acceso, e allora si riesce a discutere e a porre le questioni con il contesto un po’ migliore.
Che quando si interviene “ a caldo” poi si manifestano le tifoserie emotive, politiche, accecate e poi, lo sapete, soprattutto la parte maschile di noi, è anche un po’ codarda.
E a Genova lo spazio per la critica è residuale, per tanti motivi.
(Anche se noi non facciamo “figlie/e e figliastri/e” mettiamo tutti sullo stesso piano, almeno tutte le giunte degli ultimi 130 anni)
Ma l’intervento del Critico d’Arte Wrestler, che a pensarci bene, è uno dei pochi che poteva giocare ad armi pari con il nostro Sindaco (contrapponendo urli a urli), ha detto che “Il Cubo è nudo, e pure immondo” e molti han dovuto, addirittura, rispondere.
Che “rispondere” era una forma del dialogare pubblico estinto nel nostro castrum metropolitano genuense.
Comunque, vorremmo dirVi questo:
Prima della questione della bellezza o bruttezza (che prima o poi deve essere considerata, anzi dovrebbe esserlo) c’è la questione che la costruzione di questi parcheggi non riguarda il benessere, o l’utilità, o l’uso collettivo, pubblico, comune. Che se queste questioni ci fossero, uno potrebbe fare i conti con bellezza persa contro uso collettivo ricavato, e avrebbe un senso soffermarcisi, se non altro qualche minuto (prima di bocciarlo).
Ma qui, che sia chiaro, si tratta di 29 posti auto, in centro, che il decano costruttore realizza a uso, immaginiamo, di 29 persone non in difficoltà economica, che abitano, immaginiamo, nei meravigliosi palazzi prospicenti, o giù di lì.
Insomma, di fatto, per capirci, sono parcheggi privati. E pochi. E in centro città.
Ma se si potevano fare, per così dire, in modo invisibile, sposato, sensato, poteva anche essere ipotizzabile, per noi. Ma se per farli devi fare il cubotto, e non solo il cubotto, ma anche due rampe di entrata/uscita da sotto, allora la questione sull’opera non si dovrebbe neanche porre. Almeno nel mondo nostro ideale che coccoliamo come un desiderio nascosto di città
Che, come diciamo spesso, la città si abbruttisce pezzettino per pezzettino e “l’anfiteatro di Piazza Portello”, con i suoi Palazzi, Ponti, Gallerie è un anfiteatro prestigioso, e stupefacente. E il cubotto lo rovina. Ne rovina gli equilibri, la vista, interrompe, in maniera importante le scene e le scenografie architettoniche, perché si percepisce che è lì per restare.
Sia ben chiaro, in questa faccenda il decano dei costruttori è il più innocente, vogliamo pensarlo anche puro. Cosa fa di mestiere? Costruisce. E in particolare? Parcheggi.
E allora se lui porta un progetto con i propri crismi, a norma di legge e, magari attinente alla propria visione del bello, lui non ha colpe.
E possiamo immaginare che tutti, proprio tutti gli intervenuti nel progetto (Istituzioni, giunte, privati, enti), a loro modo, volessero far le cose bene. Ma qui non discutiamo l’eterea etica, ma i concreti manufatti.
Addirittura, dicevamo, al Bud Spencer dei Critici d’Arte hanno risposto.
Ma quando dicono che sarà bellissimo e non abbruttirà … siam sicuri che ci credano, ma l’unico modo di non incidere sulla configurazione estetica complessiva “dell’Anfiteatro Portello” sarebbe che il cubotto fosse trasparente, ma non di vetro e metallo, proprio trasparente, invisibile, come può fare, da quel che sappiamo, solo l’anello che fu di Gollum. E se un altro buon risultato, dicono, saranno marciapiedi ben sistemati e più larghi e ariosi… Beh, allora il progetto da fare era quello, non il parcheggio, da 29 posti.
E anche quando dicono che è la soluzione meno impattante è una spiegazione che rimanda al tema de “il migliore dei mondi possibili”. Anche Pangloss, probabilmente, avrebbe celebrato il cubotto come unica soluzione possibile.
Sembra, con questi discorsi, che si ci appelli pure al tema della “riduzione del danno”, filone di azione e pensiero presente nella gestione della dipendenza da sostanze, tossiche per il corpo e la mente.
E, noi valutiamo, come è lecito valutare nel mondo libero dei discorsi sull’estetica, che pensare di costruire un cubotto che, per quanto poco (ma non è poco) rovina la vista, le linee, l’organizzazione dei volumi dei Palazzi “nell’anfiteatro di Piazza Portello”, sia una derivazione di pensieri dannosi, tossici, dipendenti da immaginazioni di mondi solo a misura di auto.
E se poi quel cubotto serve a 29 parcheggi privati allora dovrebbe cadere tutta la discussione.
Non sarebbe stato da fare.
Quello che ci rammarica, anche con l’intervento eterodosso nella discussione di questi giorni, è che il cubotto ci sarà.
E noi continueremo ad andare, come è giusto che sia, a piedi, o parcheggiare lontano, e, in più, avremo anche il cubotto, che ci ferisce l’anima.
Ma il cubotto ci sarà.
E allora ad accompagnare la sua vista, per quelli più sensibili, ci saranno i solito “vabbè”, “e che ci vuoi fare”, “su, alla fine è piccola cosa”, “cosa vuoi dire”, e tutte quei pensieri, metadonizzazioni dell’anima, per convivere con il dolore di vedere, sempre, e ancora oggi, continue riduzioni della bellezza cittadina.
E per 29 parcheggi
Privati
Che i pensieri metadonizzanti ce li dovrebbe passare la mutua.
A quasi tutta Genova.
A cominciare dal ponente.
Ma “l’Anfiteatro di Piazza Portello”!!!
Che fastidio!
Grazie Sgarbi, ci hai fatto sentire meno soli e addirittura ci siamo sentiti, pubblicamente, anche se tu non potevi saperlo “quelli che hanno ragione”, per un paio di giorni.
Ma è già passato
Che speriamo solo che non arrivi, anche “nell’Anfiteatro di Piazza Portello” un progetto Pinqua, quelli per la “qualità dell’abitare”, quelli, per dire, che metteranno le aiuole in Piazza Caricamento, aiuolette da passeggiata di periferia californiana.
E stateci vicino, stiamoci vicino.
Che poi, quando critichiamo, anche se il più dolcemente possibile, si arrabbiano, e ci dicono che siamo infingardi.
Ma noi non lo siamo
E ci rimaniamo male
Ma Voi ci volete bene
“Vabbè”
“Che ci vuoi fare?”
E il cubotto si aggiunge al meno impattante “Bancomat nel Portone di Metallo storico”, nella stessa piazza, di cui avevamo parlato in un post all’inizio della nostra avventura. E che lo vedete, sulla dx, che si palesa, con la luce azzurra. Qui il vecchio post https://www.facebook.com/SoprintendenzaBrutteArtiGenova/photos/pb.100063532510557.-2207520000./145444037447620/?type=3
Pezzettino per pezzettino, la città si abbruttisce.
Forse non basta più la sola “F” come lettera bandiera dello spazio di mobilitazione per salvare, e abbellire, il futuro.
Forse dovremmo fondare “FridaySaturdaySundayMondayTuesdayWednesdayThursday For Future”, che non ci possiamo permettere neanche un giorno di riposo. Che per mettere su il mondo ci son voluti 6 giorni, e poi c’era il riposo, per salvarlo ce ne vorranno 7 su 7, a 24h, full time